ARTICOLO 1

DI NELLO BALZANO

Pensate ad un lavoro qualsiasi, immaginate adesso che questo ad un certo punto non esista più, vi accorgerete che una condizione così vi appare quasi impossibile, eppure con il passare del tempo quante attività sono scomparse, sono diventate superflue, ma soprattutto non hanno più creato presupposti per vivere dignitosamente.

Perchè il lavoro è importante? Il lavoro è tutto ciò che ti permette di creare o modificare tutto ciò che ci circonda mediante un’azione esterna, è lavoro spostare un oggetto, modificare una o più materie grezze tanto da renderle un oggetto utile, è muovere con la propria intelligenza e fantasia una penna, un pennello per scrivere un libro, per realizzare un quadro, è pigiare una tastiera per scrivere una relazione, produrre un progetto, agire con un bisturi su un corpo malato, è pizzicare le corde di una chitarra per suonare una melodia musicale, è confrontarsi da una cattedra con la curiosità dei bambini, concimare una pianta, con uno straccio rimuovere lo sporco, … insomma è tutto ciò che genera condizioni utili e talvolta indispensabili alla vita materiale ed immateriale di ognuno di noi.

Dal dopoguerra fino a pochi anni fa, il lavoro è stato il motore nel nostro Paese, non abbiamo materie prime, non abbiamo una storia coloniale che ci poteva permettere di ottenerle a buon prezzo, e tutto sommato questo è da considerarsi un vanto, insomma ci siamo dovuti inventare come poter crescere, fino a diventare una potenza economica, c’era solo un modo: diventare creativi, sfruttare ogni piccola idea e le poche risorse dei nostri territori: ci siamo riusciti, il “Made in Italy” era un marchio riconosciuto in tutto il mondo, nonostante le nostre limitate dimensioni; l’artigianato era anche una scuola, gli stessi istituti superiori e le università erano strutturate per dare uno sbocco a tutti, non si affrontavano anni di studio difficile per incorniciare una pergamena, anzi quello era l’ultima preoccupazione, l’obiettivo principale era quasi sempre realizzare le proprie ambizioni.

Non c’erano solo motivazioni economiche che spingevano verso determinate scelte, ma la consapevolezza di spendere le proprie energie per ottenere ciò che si era sempre desiderato, sia che si scegliesse la libera professione, che da dipendente; pensateci bene oggi tutto questo è sostanzialmente sparito per le giovani generazioni, non sono solo le percentuali relative al tasso di disoccupazione giovanile che ci devono allarmare, ma il dramma di non poter mettere a frutto le loro energie nel modo migliore, la crisi dell’Italia è rappresentata da questo fattore e non si risolve con semplici incentivi, ma ripensando tutto, costruire una classe dirigente che sappia progettare a medio termine il futuro.

Sembra un’impresa impossibile e la è se si continua a vivere nella rassegnazione, nell’inseguire modelli economici distanti anni luce dal nostro essere, si può forzare quella condizione rendendo il lavoro una forma di ricatto ormai insostenibile ed inaccettabile, ma così non si torna a crescere, anzi.

I diritti sono nati non per creare condizioni di favore, ma per migliorare i rapporti umani nel mondo del lavoro, nessun datore di lavoro avrebbe licenziato un operaio specializzato per motivi economici, perchè le sue capacità erano in determinate condizioni uniche e c’era solo un modo per replicare, affiancare chi avrebbe dovuto sostituirlo, riflettete quanti oggi si trovano nelle condizioni di poter insegnare la propria attività ad un giovane, sicuramente molto pochi, non è un dato da sottovalutare, perchè non bastano le tecnologie, l’informatizzazione, certo aiutano, ma niente di questo può sostituire l’intuito e le capacità acquisite in anni di esperienze positive o negative che siano state, ognuna rappresenta un tassello fondamentale.

Non è mia intenzione con queste riflessioni immaginare un salto indietro nel tempo, assolutamente no, è semplicemente guidare un progresso senza soluzione di continuità, sfruttando tutte i pregi dell’innovazione, senza farsi condizionare da sterili parametri economici o sfruttare a proprio vantaggio le condizioni di disagio di una persona che oggi si accontenta di un piccolo reddito per acquisire un’apparente indipendenza, la grandezza di un’economia non è rappresentata dai grafici di Piazza Affari che puntano in alto, si realizza dando la possibilità ad ognuno di costruire una propria dimensione nella società, cercando di individuare e fare emergere le sue potenzialità.

Le Officine Putilov hanno rappresentato questo, non guardiamo al contesto del Paese di appartenenza, ma al fatto che un movimento organizzato di tanti lavoratori ha condizionato il futuro del mondo intero, non spaventiamoci e nemmeno rendiamoci insofferenti di fronte ai lavoratori che sempre meno protestano, cerchiamo di comprenderne le motivazioni, affianchiamoci a loro, perchè spesso è lì che si nascondono le soluzioni, talvolta si immagina che i problemi si risolvano se si possiedono titoli di studio qualificati, sono importanti certo, ma diventano inutili se non si tiene conto dell’umile intelligenza di tanti, bisogna cercare di fare il possibile per armonizzare mondi e visioni oggi sempre più distanti, perchè, può apparire una frase fatta, ma è l’unità che fa la forza.