Rivoluzione e socialdemocrazia – La sinistra ha smarrito la sua cultura unitaria

Mai come oggi parole come queste trovano attualità storica nel mondo e in Italia soprattutto, dove la fine del millennio con la nascita di forze politiche sempre più frammentate ci dice a chiare lettere che è un’utopia poter anche soltanto immaginare di arrivare a governare un qualsiasi paese del mondo attraverso movimenti come quelli francesi del 1789 o come quelli russi del 1917.

Ne tanto meno è pensabile governare oggi un paese come il nostro con posizioni di estrema radicalità anche se in realtà la situazione sociale porterebbe spesso all’auspicio tautologico di un rivoluzionarismo liberatore.

La crescita intellettuale di molte generazioni di uomini e di donne trova , o meglio dovrebbe trovare, invece risposte nuove ai mutamenti nazionali e internazionali nell’azione riformista della sinistra, un’idea antica, amata e osteggiata, un idea intesa non soltanto come un riequilibrio delle disuguaglianze, ma anche come una forma democratica di partecipazione tangibile volta alla gestione della cosa pubblica, sia che appartenga alla sfera del diritto istituzionale che al mondo meno complesso della cosa materiale.

E’ costume attuale nella vita politica e sociale rispecchiare il rivoluzionario di ieri nel radicale di oggi, ma non è un concetto pienamente condivisibile, è un paragone sbagliato e improponibile, è una comparazione di tipo semplicistico che non trova nella realtà delle azioni compiute o spesso non compiute ma solo desiderate alcun riscontro storico.

E’ più plausibile invece ipotizzare che i grandi cambiamenti che stanno già avvenendo e che avverranno in un futuro prossimo saranno generati dalle crisi che si apriranno sempre più in modo palese e distruttivo nella società devastata dalla globalizzazione del neoliberismo sfrenato.

Questo processo è già in cammino, non solo in Italia.

 Il Liberismo è l’arma primaria del capitalismo estremo, che non tiene in considerazione alcuna neppure le più elementari forme di tutela delle popolazioni, sia che appartengano al terzo mondo, sia che appartengano al mondo occidentale più avanzato.

A tutto questo è senz’altro necessario contrapporre un movimento democratico che  freni tali effetti distruttivi, un qualcosa che li domini o che almeno ci provi, che li possa guidare, incanalare, controllare, ma è altrettanto vero che si è consapevoli del fatto che non saranno le fratture sociali e politiche che realizzeranno gli ideali del Socialismo, ideali di giustizia sociale e di uguaglianza che non sono affatto crollati con la crisi politica e il conseguente sfaldamento dei paesi dell’Est.

Per contro è indubbio che nel XXI secolo la sinistra internazionale nel suo complesso, e quindi anche la sinistra che si agita in Italia, non si trova nelle condizioni migliori per affrontare le grandi sfide che risultano proposte dall’egemonia del neoliberismo applicato nella forma più sregolata, un movimento subliminale applicato in modo consapevole o inconscio ma che ha trovato terreno fertile a causa della mancanza di un freno oppositivo e di politiche concrete di regolazione.

Possiamo però affermare che la stessa sinistra internazionale e in particolare  quella italiana è in una fase strategica e programmatica che cerca affannosamente un nuovo inizio, è ad uno stato embrionale un pò confuso, e storicamente, al proprio interno largo e diffuso trova perplessità e dibattito, una sinistra generalmente accusata di aver poco da offrire, un’accusa ingiustificata ma che potrebbe trovare fondamento anche a causa di lacune culturali e intellettuali sullo studio del rinnovamento globale.

La sinistra se tale vuole essere e governare i grandi processi politici ed economici italiani e dire la sua in quelli mondiali deve proporre per ciò che è possibile fare, e non lanciarsi in improponibili progetti utopistici.

Queste lacune sembrano in parte anche dovute all’ancoraggio su opzioni adeguate forse a modelli non più riproponibili oggi.

Alla piazza sede di discussione popolare si è andata sostituendo una fase mediatica non ancora a disposizione di ognuno nella sua forma più libera, basti pensare all’approccio con le nuove rivoluzioni informatiche e di comunicazione che ci vedono un passo indietro rispetto all’impatto comunicativo che le classi dominanti impongono, l’esempio più calzante potremmo forse trovarlo in Brasile, dove la maggior parte dell’elettorato della destra (60% dei consensi) era prima rappresentato dalle classi più povere, esenti dal pasteggiare giornalmente  ma abbondantemente saziate di comunicazione incanalante e settariamente falsa, ma convincente.

Tali effetti in Italia li abbiamo potuti vivere dal 2001 in poi, e li stiamo vivendo ancora dopo anni, nel nostro paese dove grandi campagne mediatiche sono riuscite a far passare progetti e proposte che come si è visto si sono dimostrati deleterio per la società italiana nel suo complesso, pur essendo il nostro stato di benessere di livello per il momento superiore a quello latino-americano citato prima.

E’ quindi irrinunciabile per la sinistra italiana una riorganizzazione politica, culturale e anche materiale che le consenta di affrontare in modo appropriato le grandi sfide del millennio appena iniziato, a cominciare dalla ricerca di progetti comuni che nascano da un percorso unitario di idee e di persone, di metodo di lavoro, una ricerca di contatto proficuo con la popolazione.

Per poter ottemperare all’esigenza di una progettualità che guardi all’ideale del Socialismo come noi ci proponiamo e auspichiamo, è però necessario capire le ragioni che ci impongono oggi di intraprendere un percorso unitario che deve trovare la celerità necessaria.

Sono le ragioni della sinistra che devono trovare una sintesi in idee radicate nei nostri tempi politici, diventando opportunità di guida sociale e istituzionale, come quelle che hanno visto crescere negli anni la sinistra diventata “ sinistra di sostanza”, una sinistra che ha maturato con successo esperienze amministrative ad ogni livello, distraendosi però troppo dalla coltivazione di quei valori fondanti del suo essere.

La mancanza di una cultura unitaria che sintetizzi valori e progetti è una lacuna che a sinistra va colmata con un percorso culturale e ideologico, che non può certo consumarsi in un dibattito congressuale di pochi giorni, o con lancio di manifesti programmatici utili solo a ricompattare pochi adepti.

Serve un percorso che affronti i nuovi problemi sorti dall’evolversi irrefrenabile del mondo, problemi di carattere sociale, politico, umano, ambientale, come non citare per esempio le grandi scoperte tecnico scientifiche e i loro effetti sui processi produttivi, sulla ricerca, come non citare l’imposizione del neoliberismo in forma egemonica fautore di enormi fortune per pochi a scapito di molti, il ruolo del debito estero nella subordinazione del Terzo Mondo agli interessi delle grandi potenze.

E ancora non va dimenticata la questione della fame che pur non guadagnando le prime pagine dei giornali miete con un colpo di falce migliaia e migliaia esseri umani ogni giorno per la maggior parte bambini, il problema dei conflitti armati che distruggono con le armi più sofisticate intere generazioni, o ancora come dimenticare il ruolo sempre più preponderante acquisito dai mezzi di comunicazione di massa con la incontrollata pericolosità psichica di gestori irresponsabili, e come tralasciare il pressante pensiero sulla crescente globalizzazione dell’economia, sospinta da un vento senza regole verso la sua via delle Indie, verso il suo nuovo mondo dell’arricchimento sfrenato.

Una società planetaria che sta evolvendo più velocemente del pensiero, una società formata da donne e uomini che però avverte il disagio e che chiede risposte tutelative, un grido di aiuto che nessuno sembra ascoltare.

Effettivamente oggi noi viviamo nel periodo delle rivoluzioni informatiche, nuove tecnologie che spaziano dalle microbiologie alle telecomunicazioni satellitari, computer che elaborano dati e informazioni sono oramai strumenti comuni di lavoro e anche di svago, si potenziano le possibilità di calcolo facendo progredire le scoperte scientifiche dalla biotecnologia all’ingegneria genetica, aprendo dibattiti tra convinti assertori di queste politiche innovative e gli scettici che vorrebbero vedere il grano crescere nei campi e non in un laboratorio.

Si può quindi affermare che queste nuove evoluzioni informatiche e comunicative divenute essenziali per il nostro vivere e per il nostro lavorare, hanno a poco a poco alterato l’ordine del mondo, indirizzandone il futuro dove persone divise da un oceano possono vedersi e comunicare semplicemente premendo un tasto, dove per la prima volta viene trasmessa in diretta la più grande delle tragedie dell’uomo : la guerra.

La comunicazione ha sostituito le piazze nel pubblico confronto dialettico e nella battaglia politica, internet per fare un esempio è diventato un formidabile mezzo per comunicare rendendo la presa di distanza critica molto complicata per chi legge e a sua volta dice la sua.

Un veicolo potentissimo che per contro fa molto spesso crescere anche odio.

E’ vera anche la considerazione che questo potente mezzo di comunicazione di massa ha il controllo sempre più ristretto in un sempre minor numero di persone che manipolano l’informazione in funzione delle classi dominanti ben sapendo che il messaggio arriva oggi anche agli strati più poveri, facilmente condizionabili.

Ma per fortuna è anche vero che questi nuovi orizzonti innovativi che si sono spalancati sul pianeta si accompagnano ad una diffusione di massa di fatti economici e sociali non mimetizzabili, fatti che creano un malessere generalizzato nei recettori, un malessere fatto di periodi angosciosi di guerra, di violenza fisica e morale, periodi pieni di confusione e incertezza, che fanno prendere coscienza della vera realtà, innescando ragionamenti e pensieri in larghi strati della popolazione che si scopre così capace di recepire anche un messaggio solidale, di presa di coscienza, di rifiuto, l’esatto contrario della concezione subliminale del “tutto bene” che si voleva far passare.

Ricordo per esempio anni fa che si cercava di convincere la gente che il conflitto Iracheno era risolto, si magnificava il funzionamento dei semafori stradali mesopotamici, mentre le immagini da tutto il mondo trasmettevano negli schermi dei PC presenti nelle case distruzione e sangue quotidiano di giovani soldati e civili.

Il vantaggio è quindi che non è più possibile nascondere la verità e questo è anche uno dei motivi per cui la politica arrogante è in difficoltà di consenso non potendo occultare i fatti.

La domanda che la sinistra si deve porre in una sintetica generalizzazione potrebbe essere la seguente :

E’ possibile ristabilire le condizioni democratiche, in ogni campo sociale, istituzionale, economico, politico, lavorativo, comunicativo, condizioni necessarie per costruire nuove prospettive di sviluppo sostenibile e di equità sociale ?

E’ possibile senz’altro. Ed è una delle possibilità dell’intelletto umano, e si potrà concretizzare se verranno affrontati i grandi temi con uno sforzo comune di studio della realtà sociale, un approfondimento critico, onesto, che colga i lati positivi e faccia tesoro di ogni possibile  deviazione disastrosa.

E sarà in questo capire il mondo che i popoli si metteranno veramente in cammino verso un nuovo sorgere del sole, un sole dell’avvenire che richiama antiche nostalgie in qualcuno, ma che rischiari un orizzonte nuovo e veramente libero, onesto, radicandosi  nell’unità che tutta la sinistra che guarda agli ideali mai morti del Socialismo può costruire.

Per farlo serve una volontà che ad oggi sembra lontana.