PERCHE’ OFFICINE PUTILOV

DI DOMENICO MAGLIO

Francamente devo riconoscere che prima di decidermi a buttar giù queste righe per iniziare il nostro percorso su “ Officine Putilov” assieme a compagni che ben più di me sono qualificati in merito, sono stato a lungo recalcitrante e riluttante a scrivere, proprio per il richiamo storico a uomini e donne che dettero vita ad uno sconvolgimento, politico e sociale, una scintilla che diede fuoco alle polveri del mondo nei primi vagiti di un ‘900 che si sarebbe quanto mai rivelato complicato.

Il nome “Officine Putilov” si deve all’intuizione, da noi tutti subito condivisa, del compagno Roberto Finessi, e mai nome potrebbe essere più appropriato per chi come noi vuole provare a scuotere la pianta della sinistra italiana.

In tutta onestà, ancora oggi, pur essendomi convinto ad esporre qualche idea, descrivere qualche proposta, lo scetticismo di non essere all’altezza resta tutt’ora per me il sentimento largamente dominante per due principali ragioni.

La prima riguarda la consapevolezza di non padroneggiare un’esposizione corretta dal punto di vista editoriale, che come si potrà appurare risulterà gravida del dilettantismo conseguente.

La seconda ragione è dettata dalla quasi certezza che soltanto personalità di primo piano del mondo politico e intellettuale ricevano ascolto per la divulgazione del  loro pensiero.

L’auspicio è di smentirle entrambe.

Ma rileggendo le pubblicazioni mai impolverate di Antonio Gramsci e ripercorrendo la storia di ciò che è stato il mio  partito e di tutto il movimento socialista, l’impulso a non rinunciare ad esprimere liberamente il proprio pensiero e il desiderio di impegnarsi con altri compagni con ogni mezzo per supportare le proprie idee, ha prevalso sulle legittime resistenze suffragate da possibili lacune culturali che in verità hanno spinto fino all’ultimo momento per l’abbandono di questa che può considerarsi per me una vera e propria avventura corsara nell’attuale mare agitato della politica italiana.

Ma come siamo arrivati fino alla situazione polverizzata della sinistra in Italia e non solo, ridotta a nicchie ininfluenti, senza peso elettorale, senza più contatto con il suo popolo?

Come abbiamo potuto permettere l’appropriarsi di parole d’ordine come “sinistra” e “socialismo” a chi è lontano galassie ideali da tali principi?

Questo per me resta un mistero.

Ma devo dire con un minimo di speranza che con il trascorrere del tempo questo evento inspiegabile si sta lentamente dipanando, aprendo molti occhi, in Italia, in Europa e nel mondo.

La missione di “Officine Putilov” è proprio questa, contribuire ad aprire gli occhi oramai troppo sofferenti di gran parte della società più debole e indifesa.

Speriamo di farcela, ma di certo oltre al nostro servirà l’aiuto di tutti.

La militanza di partito nella galassia della sinistra di chi scrive dura oramai da quarantatre anni, pochi per i più anziani e molti per i più giovani, una partecipazione attiva e sentita, passata attraverso le esaltazioni di un ragazzino che accompagnava il padre alla Sezione, orgoglioso di sentirsi chiamare “compagno”, desideroso di ascoltare i più grandi che esponevano programmi e linee politiche, anche se a volte non ben comprensibili ad una mente ancora immatura pur essendo cresciuto in una famiglia coinvolta e impegnata nell’antifascismo militante.

In seguito vivendo la commozione della prima volta al voto, l’entusiasmo delle vittorie elettorali degli anni ’70 e contemporaneamente la delusione, per quel qualcosa in più che sempre mancava alle pur alte percentuali di consenso ottenute, quei voti mancanti complessivamente alla sinistra, che negavano la maggioranza parlamentare.

Ma altresì le esperienze vissute anche attraverso gli anni bui del terrorismo, con la veemente resistenza dell’Italia democratica alla quale il movimento studentesco dava il suo contributo forte, pulito, sincero, ma non esente da rischi, dove l’essere etichettato come “rosso” poteva costarti caro, e non solo fisicamente come in effetti m accadde.

E su quella scia gli attentati, le stragi degli anni di piombo ancora oggi vergognosamente irrisolte, l’attacco al cuore dello Stato, e poi tangentopoli, il crollo del comunismo in Unione Sovietica e nei paesi dell’Est, la svolta della Bolognina, e tutta la storia fino ad oggi che è superfluo ripercorrere qui, una valanga di eventi dei quali ancora dopo tanti anni non si vede il punto di arresto.

Alcune domande di allora comunque non mi hanno ancora restituito una risposta convincente, sia nella visione forzatamente immatura del ragazzino “compagno” della vecchia sezione, ma anche nell’uomo di oggi, in grado più di ieri di valutare e approfondire gli avvenimenti politici.

Perché in Italia non può esistere un grande partito rappresentato da tutte le forze politiche di una moderna sinistra, democratica, non demagogica,non impolverata?

Perché tutto il movimento che si richiama al socialismo, riformista o radicale, si è così diviso e frammentato?

Forse la risposta non arriverà ancora, qualche appassionato matematico azzarda che forse sia giunto il momento della conta, c’è invece chi rappresenta le divisioni esistenti come muri invalicabili e azzarda altri legittimi ma alquanto incerti obiettivi, chi è convinto al contrario che le diversità nate comunque da una stessa base iniziale siano arricchenti, se racchiuse in una discussione autocritica.

Francamente chi scrive pensa che tutte le opinioni in merito a questo tema abbiano legittimità, debbano essere mantenute in un contesto di pari dignità, ma è altresì convinto che alla base di tutto ci debba essere un sincero confronto, un progetto per il futuro, e soprattutto qualunque sarà la strada che la sinistra italiana intraprenderà, debba essere frutto di un coinvolgimento popolare collettivo, sentito e vero, cosa fondamentale che al momento non da segni di vita concreta.

In questo “Officine Putilov” si impegnerà, con umiltà, senza arroganza, aperta ad ogni discussione e confronto.

Ma un’altra sensazione è sempre stata in me più che mai viva e sentita nella crescita della mia generazione, piena di certezze e grandi speranze, ma anche di dubbi e apprensioni, ed era, ed è, la sensazione, il sentimento ma soprattutto la convinzione di essere sulla sponda giusta, di partecipare ad un grande impegno collettivo, l’orgoglio di essere parte di una grande forza della sinistra, demoralizzata, delusa, nascosta nel sottobosco sociale , con radici profonde, con estesa rappresentanza nelle periferie abbandonate, dove si soffre la vita vera, dove il disagio si sente sulla pelle, un popolo dimenticato dalle luci mediatiche, distrutto nei diritti del lavoro, schiacciato e sbeffeggiato, stritolato nel frullatore fumoso della finanza internazionale per l’interesse di gruppi di potere se non di singoli.

Sarebbe infantile negare e nascondere, come fanno alcuni coetanei in un esercizio non credibile di revisionismo da spendere pubblicamente, ciò che in realtà era :  l’appartenenza e la vicinanza a quella che era la più grande forza politica italiana della sinistra, il PCI, ci dava coscienza di sicurezza e in qualche modo ci sentivamo protetti, pur essendoci allontanati da tempo da sotto l’ala protettrice del fratello più grande, pur senza vedere le distorsioni di un burocratismo di stato.

E’ insensato oggi negare tutto questo, e ingiusto cercare il plauso generale affermando di non essere mai appartenuti a quel mondo, un mondo che ha dato potere e popolarità proprio a molti di coloro che oggi lo rinnegano.

Ma quella storia è finita, non sono invece finiti i principi cardine del socialismo dei quali oggi avremmo un gran bisogno.

Con il passare degli anni questi valori non si sono attenuati, tutt’altro, la rielaborazione delle ideologie, la rivisitazione storica, i suoi sviluppi hanno invece contribuito a  rafforzare la convinzione che una società giusta non può fare a meno dei principi del socialismo.

Nella nostra terra ligure, quando parliamo di sinistra, oggi come ieri,l’identificazione automatica è con la Resistenza, con le lotte Partigiane, con la vittoria sul fascismo, una regione che ha dato moltissimo alla nascita della Repubblica, ha dato sangue e sacrificio, ma anche impegno politico di deputati, senatori e un Presidente della Repubblica espressione di quella storia.

Si sa, noi liguri siamo gente tosta, testarda, tenace, avvezza a conquistare sempre con fatica ciò che abbiamo, anche strappando la terra da coltivare alle montagne se necessario, e proprio questa nostra ostinazione ci spinge a voler sempre dire la nostra, con onestà, con una franchezza che si spera venga apprezzata per l’impegno e si auspica anche per il contenuto politico e programmatico, aperto, dialogante, che “Officine Pultilov” saprà dare.

A tutto questo bisogna aggiungere che personalmente non ci sono da raccontare vicende nuove, come quelle che  segnarono e temprarono altre compagne e altri compagni di generazioni più vecchie della mia, sia per l’epoca drammatica vissuta che per le difficoltà delle prove sostenute nella prima metà del ‘900 e anche fino ad oggi.

E non è una casualità che questi uomini e queste donne, protagonisti di straordinarie pagine di storia, abbiano potuto scrivere di quel periodo, siano state in grado di lasciarci il racconto delle loro esperienze e dei fatti accaduti nella loro epoca, di quei grandi mutamenti sociali e politici, avendo anche il merito di suscitare in noi, che venivamo un paio di generazioni più tardi, un così grande interesse, facendo diventare nostri quei loro percorsi, facendo diventare nostra quella che è stata la loro storia.

Comunque se mi sono infine deciso a dare pubblica testimonianza di alcune mie riflessioni, con l’intento di ricercare un coinvolgimento più ampio, provando ad andare al di là di una pura opinione personale, è stato solo perché questo pensiero pur rappresentando i tratti di un normale percorso politico di un qualsiasi militante, coincide con un periodo particolare della vita politica della sinistra italiana, ancora una volta sulla strada di una trasformazione, alla quale nessuno dovrebbe restare indifferente.

Sta infatti prendendo vivacità in Italia un passaggio storico e politico importantissimo, direi epocale che forse segnerà l’avvenire delle forze politiche socialiste, una fase determinante e caratterizzante per il futuro delle attuali generazioni e di quelle che seguiranno.

Sta nascendo in tutto il paese una discussione che per la ricchezza del dibattito, ma anche per l’evidente problematicità dell’obiettivo finale indicato, rivela molti aspetti non marginali che ancora meritano di essere valutati molto attentamente.

L’estensore del Manifesto del Partito Comunista del 1848 affermava che lo sviluppo delle tecnologie poteva portare grandi possibilità o grandi disastri, noi oggi potremmo dire che il processo politico che riguarda la sinistra potrebbe portare a una moderna forza politica socialista, molto forte, di respiro europeo o all’emarginazione proprio in Europa, ma anche in Italia, del socialismo stesso, confinandolo in un contesto di nicchia senza alcun peso e con poco ascolto, anche se in realtà nel nostro continente alcune luci iniziano a schiarire il buio che avvolge il campo progressista.

E in questo momento di confronto politico è opportuno che ognuno esprima la propria opinione, senza condizionamento alcuno e senza timori, perché è la democraticità stessa del socialismo che pone sullo stesso piano la parola dell’ultimo dei militanti e quella del primo dei dirigenti, parificando dignità di ascolto e di pronunciamento, dove  il giudizio reso ha lo stesso peso.

La cosa peggiore che in questi passaggi epocali, chi crede nel Socialismo, possa fare è quella di non fare niente e di non dire niente, adattandosi e conformandosi al disegno generale, risolvendo erroneamente l’equazione che la vicinanza politica ad una possibile maggioranza sia fonte di chissà quali opportunità.

La realtà che si delinea invece dice che a seconda della piega che si prenderà, non ci saranno possibilità per chi ne è alla ricerca, ma soprattutto sarà grande la delusione di molti e complicato il recupero della fiducia e del consenso, si procederà alla distruzione di quanto ancora esiste nel campo dei diritti, del lavoro, delle opportunità, delle tutele, e non va dimenticato il tentativo di violenza alla nostra Costituzione respinto in modo schiacciante dalla volontà popolare.

E quest’ultimo fatto non va sottovalutato perché nega la vulgata che le persone si disinteressino al loro destino.

Comunque senza disconoscere limiti e lacune personali i pensieri che potrò esprimere su “Officine Putilov” in seguito, magari abbondanti di spunti provocatori, spero riescano utili per una discussione approfondita a sinistra che ci si auspica prenda forma al più presto.

La necessità di sintetizzare, dote sulla quale non ho alcun controllo, potrebbe essere la causa principale delle tante omissioni, delle superficialità che si potranno leggere, delle mie disattenzioni, delle mie imprecisioni che si potranno trovare, delle quali mi scuso con quanti avranno modo di scorrere “Officine Putilov”,

Sarà soltanto il pensiero e le sensazioni di un militante espresse fuori dai denti.

Non si troveranno quindi pretese di ricercata completezza, di metodicità nella descrizione dell’evento storico che potrà trovarsi nella lettura, ma in generale si spera di proporre qualche spunto efficace, propedeutico alla discussione sul futuro della sinistra e del movimento socialista in Italia.

La mia preoccupazione sarà quella di non cadere in forme retoriche cercando invece la schiettezza e la genuinità, descrivendo le impressioni, le perplessità e i dubbi sul periodo che stiamo vivendo, soprattutto per reagire al sospetto di sentire la corresponsabilità del presunto del “silenzio della massa”.

Una storia, quella attuale che si sta nconsumandoa sinistra, che deve essere vista come momento di verità, gettando un occhio e una riflessione anche sui passaggi compiuti susseguenti le rivoluzioni geopolitiche avvenute e su quelle che da noi dovranno compiersi.

Su questa traccia ho preso spunto per questa elaborazione introduttiva al seguito che sarà qui pubblicato, con impegno di provare a trasmettere tutte le tensioni, gli interrogativi, le perplessità, le avversità, e non risparmiando giudizi severi e autocritici quando mi parrà giusto, doveroso e utile accennarli.

Domenico Maglio

Auguri a tutti noi, ne avremo un gran bisogno

Benvenuti su “Officine Putilov”.