Il problema ambientale

Il mondo di oggi che si sta “globalizzando”, è anche il mondo dei disastri ecologici, innumerevoli, che evidenziano un manifesto cedimento dell’ecosistema.

Gli esperti ci dicono che sono andate perdute un quinto sia delle superfici coltivabili che delle foreste tropicali, ma pensano sia una stima per difetto.

La natura si ribella, reagisce, fiumi e montagne esplodono nella loro rabbia, travolgendo e uccidendo.

Estese aree della terra si sono desertificate, boschi e laghi tendono ad acidificarsi, l’acqua  potabile sta diventando un bene prezioso, l’inquinamento ambientale è in crescita come dimostrano i fenomeni noti del buco nell’ozono o l’effetto serra.

Queste condizioni fanno trarre conclusioni ai tecnici mondiali che si è sull’orlo di una apocalisse imminente dell’umanità, un opinione però non generalmente condivisa.

Non avendo cultura tecnico e ambientale riesce difficile affrontare esaustivamente questi temi, ed il provare a farlo porterebbe ad evidenziare in chi scrive palese ignoranza in materia, ma di certo non è necessario essere degli esperti per leggere, informarsi e farsi opinioni personali aperti alla discussione.

Le cronache ci raccontano ciò che succede.

Non bisogna però dimenticare alcuni fatti noti a tutti, come per esempio è chiaro che la rincorsa allo sviluppo non sempre prende in considerazione gli aspetti derivanti da ciò, oppure questi aspetti vengono considerati ma posti sotto silenzio colpevole pensando di porvi rimedio in momenti successivi,  ancora peggio è quando la politica si rende prona per interesse di singoli o per sottostare a equilibri internazionali di stabilità.

Gli stati ad economia più avanzata per fare un altro esempio consumano e distruggono più di ogni altro paese del mondo, una cittadino americano o europeo consuma o distrugge risorse naturali cinquecento volte di più di un indù, esiste quindi un’enorme disuguaglianza all’accesso alle risorse naturali nell’età contemporanea.

In nome dell’efficienza, della concorrenza e della stabilità economica derivante, in nome dalle esigenze del mercato, dell’impresa, dell’accumulo di ricchezza si tende a produrre e acquistare a prezzi sempre  più convenienti, e non ci si rende conto che spesso comprare a poco potrebbe essere il modo più caro di acquistare.

Per comprare a poco si mercanteggia con gli esseri umani e con la natura.

Ma l’essere umano quando si ribella a tutto questo rivendicando pari benessere lo pone in essere con un voto elettorale.

La natura quando si ribella lo fa in modo tragico e catastrofico.

La condizione necessaria del rispetto della natura che tante risorse ci mette a disposizione, è del tutto aliena alla visione neoliberista  economica, secondo la quale il bene dell’impresa è il bene della società, e questa idea è quella che principalmente risulta distruttiva di ogni sistema naturale, dal quale attinge sconsideratamente ogni risorsa possibile, senza attendere il naturale ricambio, dato che tutto ruota ad un’efficienza misurata soltanto in termini monetari.

E’ necessario chiarire che opporsi ad uno sviluppo illimitato non significa opporsi a qualsiasi sviluppo, ma concepire concetti di sviluppo sostenibili dal pianeta, concepire una società ecologicamente sostenibile, che soddisfi in modo equo i bisogni di tutti senza mettere in pericolo la soddisfazione dei bisogni delle generazioni future.

Per ottenere questo bisognerebbe avere una profonda cultura che distolga le menti dall’avere tutto a costo di tutto, una cultura nemica del consumismo neoliberista, bisognerebbe capire di non sfruttare le risorse rinnovabili oltre il loro ritmo di rinnovamento, oppure non sfruttare le risorse non rinnovabili oltre il ritmo di sostituzione con risorse rinnovabili, o ancora non versare nell’acqua, nell’aria o nel terreno residui in quantità tali da non poter essere assorbiti dagli ecosistemi.

E’ necessaria una cultura ecologica, una cultura che non può nascere e svilupparsi in ambienti economici che hanno come obiettivo unico il mercato finanziario e la stabilità delle monete da raggiungere ad ogni costo, ma devono trovare coscienza negli ambienti sociali che hanno nell’equità della distribuzione corretta del benessere un loro comune denominatore.

E’ qui che deve nascere e rafforzarsi una coscienza ecologica, ed è compito delle forze di sinistra farsi carico di queste esigenze mettendo a disposizione della società ogni risorsa possibile per effettuare un cambiamento politico e governativo, e di conseguenza poter innescare un processo a sostegno della ricerca e dell’innovazione.

E solo il pensiero umanistico di una sinistra che si definisca tale nel suo complesso può fare tutto ciò, dato che è chiaro che la società capitalistica mossa dalla massimizzazione  dei guadagni non potrà mai accettare per sua propria vocazione i principi dello sviluppo sostenibile.