la discussione italiana a sinistra

Cercare di capire a fondo che cosa sia oggi la sinistra, il socialismo, come raggiungerlo o almeno avvicinarsi ad esso, è tema più complesso di quanto possa apparire.

Non basta l’enunciazione della difesa della classe lavoratrice o la difesa della laicità di uno stato per definirsi tale, socialismo non è solo questo, è molto di più.

Bisogna comprendere se l’azione politica che svolgiamo, o che ci si appresta a svolgere,  agisce all’interno di questa perimetrazione ideologica.

Dobbiamo capire se il pensiero che ci anima e che guida i nostri comportamenti sia coerente all’idea, valutare se i nostri pensieri sui grandi temi della società e del mondo nascono dalla spontaneità dell’animo, senza essere soggiogati anche indirettamente da un indottrinamento di tipo subliminale o palese.

Può capitare quindi che chi si definisce di sinistra, socialista, scopra nei suoi modi di agire di non avere nulla a che fare con il socialismo, ma non vuole recidere il legame che lo ha contraddistinto per lungo tempo.

Può viceversa capitare altresì che chi è ostile all’idea socialista scopra invece di essere appieno dentro quella cultura che apertamente osteggia,  un caso molto raro ma possibile.

In entrambi i casi a parte rare eccezioni, non ci sarà alcun ripensamento, nessuna autocritica, ma verrà accettata la situazione consolidata nel tempo cercando di smussare quelle linee che appaiono palesemente ostili al movimento al quale si appartiene e dentro al quale si agisce.

Questo avviene spesso perché ammettere di avere maturato un’idea diversa, anzi opposta potrebbe far perdere quella visibilità e quel riconoscimento nella società oramai radicato nel pensiero corrente di una comunità o di un elettorato, alimentando in modo masochistico sfiducia e dubbi nella ricerca del consenso.

Spesso si innesca il processo inverso, cioè prima viene l’appartenenza ad uno schieramento politico di destra o di sinistra, vuoi per influenze familiari, vuoi per l’ambiente dove si cresce, dove si studia o si lavora e poi matura l’analisi critica dei fatti del mondo, della natura umana, dei diritti inalienabili dell’uomo.

 Ed è proprio qui, a questo punto della propria esistenza, che ognuno tira le somme delle esperienze vissute e può scoprire il proprio sbaglio o trovare la conferma alle proprie idee.

Così come una volta accertata la propria appartenenza politica può capitare che il movimento o il partito politico di riferimento decida di seguire strade diverse da quelle originarie, come è successo in questi primi anni del nuovo secolo dove una forza politica che avrebbe dovuto essere unitaria ha invece provocato laceranti e difficilmente recuperabili divisioni nel campo progressista della sinistra italiana.

Questo succede sia perché legittimamente quel partito o movimento politico matura l’idea di cambiamento radicale sconfessando le proprie promesse, oppure per opportunismo, o ancora perché inconsciamente sbaglia pur nella convinzione di essere nel giusto.

Ma sia l’esattezza del cambiamento che l’errata valutazione dello stesso saranno giudicati solo dal lungo tempo della politica, e capita che chi non si riconosce nei cambiamenti prospettati decida di abbandonare la via primaria che lo ha contraddistinto, vuoi per coerenza alle proprie convinzioni, vuoi per aver maturato la certezza che il cambiamento del paese verso politiche più giuste sia perseguibile e realizzabile con altri progetti.

Purtroppo le cronache raccontano molto spesso che il cambiamento di posizione non deriva da attente valutazioni ma da opportunismo  e conseguente o auspicato arricchimento personale.

Ma al di la ditali valutazioni una cosa comunque è certa : per essere di sinistra, per essere dentro l’ideale del socialismo, non basta agire da tale ma bisogna pensare come pensa il socialismo, bisogna esserne convinti.

E’ un pò come parlare una lingua straniera, la conosci, ti capiscono e tu capisci, ma ne hai la padronanza soltanto quando inizi anche a pensare in quel modo.

La convinzione di costruire il bene collettivo, non è una particolarità che può essere misurata ne può essere in qualche modo legiferata, è un qualcosa che o si ha dentro o non la si ha.

Potremmo quindi porci a sinistra la domanda : ma io lo sono veramente? Ho queste cose dentro di me?

Che cosa sia il socialismo è quindi la domanda complicatissima che ha sempre tormentato coloro che al socialismo si richiamano, dai rivoluzionari ai riformisti, dal socialisti liberali ai socialdemocratici, ed è a partire dagli albori dei primi movimenti fino ad arrivare ai giorni nostri, che si è accesa una discussione politica profonda sul tema, dove ognuno ha la certezza della propria verità.

Analizzando per quanto possibile la storia però non vanno elusi alcuni tratti fondamentali che possono aiutare a dare qualche risposta, non definitiva certo, ma danno lo spunto per capire ciò che si è succeduto nell’ampio e sfaccettato mondo socialista e della sinistra tutta durante i suoi 150 e più anni di storia, e possono dare un quadro più reale per il posizionamento del pensiero politico di questo grande movimento che ha coinvolto  e sconvolto l’umanità.

Molte sono le questioni sulle quali poter focalizzare i processi che si sono sovrapposti, soprattutto mettendo a fuoco l’attenzione su quei paesi, come il nostro con l’oscuro periodo portato dal regime fascista, o come la Spagna con il franchismo, o ancora come la Germania con la tragedia del nazismo, quindi quei paesi dove maggiore è stata l’influenza di regimi dittatoriali, nei quali l’impronta della sinistra, del socialismo ha lasciato comunque tracce profonde.

La prima questione si potrebbe classificare come teoria ed ha prodotto interi fiumi di inchiostro in letteratura, cercando un significato adeguato al termine “socialismo”, un gigantesco sforzo intellettuale e culturale tradottosi in voluminosi trattati enciclopedici, mai veramente  completati e che si aggiornano in continuazione visto che il socialismo si è costantemente adattato alla realtà, e io credo che l’ideale di sinistra, socialista, continuerà a farlo durante il suo cammino, pur con alti e bassi, sbandamenti e certezze, successi e delusioni.

Un’altra questione riguarda la sfera politica, perché l’ideologia socialista tende a governare quando può o indirizzare le strategie, i disegni sociali e gli obiettivi dei partiti che vi fanno riferimento, ne definisce il programma nelle sue linee fondamentali e guida quando riesce l’azione di governo, ma è anche oggetto di contrasti di opinioni interne a ciascun partito, controversie tra i militanti, tra gli elettori, conflitti che nascono principalmente dalla discussione che si pone sul piano ideologico e su quello culturale, ma anche per rivalità di potere non sempre comprensibili.

Altro passo fondamentale riguarda l’identità, dato che il socialismo è un movimento che abbraccia il mondo del lavoro in ogni sfaccettatura, il mondo intellettuale, dell’arte, della cultura, del welfare, anche se si vuole di una parte di imprenditoria sana,  della cooperazione, ed è in grado di  trasmettere un significato concettuale molto stretto all’esistenza dei suoi militanti, dei suoi simpatizzanti, definendone in modo collettivo tutta l’azione che viene esercitata dalla sinistra.

Ma stabilire se la sinistra sia ciò che sostiene di essere, o  se persegue gli obiettivi che si pone potrebbe rivelarsi piuttosto complesso e fuorviante nella riflessione, rischiando alimentare confusione anziché provare a dipanare dubbi, contraddicendo le parole di Norberto Bobbio “ la sinistra deve fomentare dubbi e non dare certezze”

Meglio è provare a costruire un esposizione sulla natura del socialismo, evitando di postularne l’omogeneità e schivando per quanto possibile l’iscrizione negli elenchi di coloro che indicano le cose da fare e promuovono passaggi ineludibili e obbligati, surfando incomprensibilmente sulle onde della demogogia.

Appare quindi, senza dubbio alcuno, molto più ragionevole esaminare l’evoluzione storica della sinistra e del socialismo anche senza arretrare troppo nel tempo ma restando nell’immediata semi attualità di fine anni ’80, perché proprio in questo periodo e fino ad arrivare ad oggi, ha preso forma una profonda destabilizzazione del sistema politico italiano, e in generale hanno iniziato a scricchiolare tutte quelle componenti sociali che erano state le principali certezze del XX° secolo, per raggiungere le quali tanta sofferenza era stata spesa.

Prendiamo il 1989, l’anno in cui il comunismo, sia esso ortodosso o riformatore, segna il suo fallimento storico, anche se per la verità la sua debolezza iniziava palesemente a mostrarsi indebolendosi già nel periodo immediatamente precedente, ma tra la fine degli anni ’80 e i primi anni del 1990 subisce una clamorosa e definitiva sconfitta ed entra definitivamente sulla via della dissoluzione aiutata dalla crisi dell’Unione Sovietica, con un tardivo tentativo riformatore di Gorbaciov, il successivo tentato golpe, l’epoca dissolutoria di Eltsin fino ad arrivare ai giorni nostri.

Ma la sinistra pur governando in quegli anni molti paesi in Europa entra in crisi comunque e per ragioni diverse anche il socialismo democratico, pur non avendo nulla che fare con l’idea totalitaria della Russia staliniana, l’iniziale flebile legame con il socialismo reale era già stato reciso ben prima degli strappi berlingueriani, e si era costruita come detto con alterni successi nell’Europa occidentale la strada social democratica della politica di governo.

Il socialismo e la sinistra assumevano quindi forme diverse, con andamenti cronologici variabili e procedimenti mutevoli da un paese all’altro, con alleanze elettorali adattate al periodo storico da amministrare, molte incomprensibili, dove i principali partiti della sinistra alla ricerca di nuova storia e i partiti socialisti, una volta perfezionato il progetto originario con la rinuncia alla rivoluzione, alla socializzazione dei mezzi di produzione e alla centralità della classe operaia, contribuiscono in modo decisivo anche se non esclusivo, al rafforzamento della democrazia, alla costruzione di un potente stato sociale che in pratica muta definitivamente l’aspetto sociale complessivo non solo nei paesi dove ha responsabilità di governo ma anche nell’ Europa, post  seconda guerra mondiale e sulla strada della conclusione della guerra fredda.

La funzione del socialismo comunque declinato nell’emancipazione sociale diviene quindi determinante ma quelle formidabili conquiste vengono però contrassegnate da processi contraddittori, basta ricordare che la precarizzazione del lavoro che oggi ci attanaglia parte da quel periodi li, con le sinistre, o sedicenti tali,  al governo.

Da una parte, il successo crescente e il consenso riscosso presso l’opinione pubblica riesce a coinvolgere anche una importante parte sia del mondo centrista cattolico che della destra più moderata, ma incomprensibilmente questa fase anziché rafforzare devitalizza il socialismo che si impregna di idee lontane dai propri principi fondativi.

Dall’altra parte i pilastri dello stato sociale, del Welfare, faticosamente conquistati vengono destabilizzati dalla nascente idea della globalizzazione, aiutata da un’Unione Europea sempre più incline alla deregulation dei mercati, dall’affermarsi del pensiero liberista, della necessità delle multinazionali, dalle trasformazioni subentrate nelle società post industriali, che presentano caratteri sempre più individualisti e poco inclini alle cooperazioni.

Tutte queste trasformazioni danno vita a molte rivendicazioni e non solo da parte degli attori classici  rappresentati dai lavoratori dipendenti, dalle confederazioni sindacali, dal mondo intellettuale, dal mondo delle professioni ma anche da tutti quei nuovi soggetti che approdano in massa alla sfera pubblica come le donne, come gli immigrati, gli ecologisti, come coloro che in misura sempre più preoccupante e crescente fanno parte del mondo della disoccupazione o sono colpiti dalla precarietà.

Masse di persone che al tempo stesso domandano più protezione e meno stato, rispetto delle scelte individuali, uguaglianza e libertà, più politica sociale e meno tasse, riconoscimento di diritti collettivi nuovi e inediti, chiedono anche,- con stupefacente contraddittorietà, accettazione delle differenze e impennate autoritarie, apertura al vasto mondo e ripiegamento xenofobo, tolleranza verso l’altro e paura davanti all’insicurezza.

Ed è qui che l’assenza forte dello Stato emerge in modo esplosivo.

Sono i primi germi avvelenati gettati sul terreno del disagio che provocherà ciò che si vede oggi, intolleranza, individualismo sfrenato, personalismo, xenofobia, ricerca di sicurezza a tutti i costi, giustizia fai da te, paura del diverso, ghettizzazione delle periferie, proliferare della corruzione imprenditoriale e istituzionale, distruzione dei diritti del lavoro, massacro della sanità e della scuola. ecc ecc

Ne risulta di conseguenza che il welfare diventa non più una rivendicazione esclusiva di una parte politica, non è più appannaggio soltanto della sinistra che nell’ideale del  socialismo si riconosce, e neppure il Welfare stesso può al contempo rimanere immutato e sente il bisogno di crescere e plasmarsi alle nuove esigenze sociali.

Ma se queste trasformazioni hanno avuto e stanno avendo il merito di spingere verso un rafforzamento dell’unità delle forze della sinistra in Europa per contrastare le distorsioni di un sistema neo liberista, al tempo stesso hanno accentuato le fratture interne alla protesta stessa, sottolineando ancora una volta le differenze tra le varie correnti di pensiero all’interno del movimento socialista, ognuna delle quali rivendica l’esattezza delle proprie scelte.

Tutto ciò porterà a meno di assunzioni di responsabilità ragionate ad un massacro istituzionale della sinistra difficile da recuperare nel breve periodo.

La ricerca di unità che fa da collante e consolida le idee della sinistra sono l’analisi del fatto che l’opposizione frontale e storica tra socialisti rivoluzionari e socialisti riformisti con il tempo ha tirato il freno a mano delle contrapposizioni attenuandosi notevolmente anche se non ancora scomparsa del tutto.

D’altronde le sue divisioni storiche oggetto attualmente di rivisitazione culturale, si sono ancor più marcate con l’emergere di alcuni nuovi orientamenti che esprimono anch’essi sensibilità diverse, e ognuna di queste posizioni vuole rispondere in modo differente alle nuove sfide,  affrontando la destra in generale, gli schieramenti di centro destra e altri movimenti nati dalla spinta antipolitica,  principalmente portatori dell’idea che si richiama al populismo plebiscitario.

Nella sinistra definita più radicale, le formazioni politiche neocomuniste si collegano con una galassia di movimenti di protesta e con il mondo dell’associazionismo più intransigente, movimenti organizzati che rivendicano giusti diritti, osteggiando la globalizzazione nel suo sviluppo complessivo, e anche se in alcuni casi queste formazioni politiche fanno parte di coalizioni di governo la loro radicalità non si trova completamente d’accordo con la linea tenuta dalla sinistra che alza le bandiere del socialismo.

E’ quindi evidente che qualcosa a sinistra non funziona ancora nell’elaborazione della risoluzione delle esigenze sociali.

La sinistra ha realizzato che è inutile negare il sistema globalizzazione, lo ritiene una parte dell’evoluzione della società e dei mercati,  il suo scopo è di cercare invece con azioni e decise politiche di governo la giusta organizzazione generale, cercando il modo di dominarla per indirizzare le disuguaglianze evidenti e le disparità portate dall’estremo liberismo deregolato verso l’equità sociale.

E’ una lotta difficilissima che necessiterebbe non divisioni a sinistra ma unità d’intenti che ancora resta soltanto nelle parole.

Questa diversità di fondo porta alla discussione tra due culture perché la sinistra socialista più conservatrice, da sempre molto diffidente verso il mercato e a volte critica verso alcuni atti compiuti dall’Europa, afferma la necessità di tornare ad erigere le tavole della legge socialista, con il tutto Stato e la nazionalizzazione, una posizione questa che però potrebbe condurre a una deriva social nazionalista.

La sinistra riformatrice al contrario cerca di aggiornarsi portando avanti la tradizione più classica della linea politica fondativa, ad esempio con la tendenza ad annunciare livelli di tassazione progressivi, cercando di costruire uno stato moderno e appunto cercando una regolamentazione della globalizzazione e del mercato.

Almeno è questa la sensazione che si percepisce oggi in Italia.

Altra posizione espressa dalla sinistra è quella socialista liberale che ha come proposta politica il superamento dei confini classici del socialismo, con la limitazione degli interventi dello Stato, lo sfruttamento in modo equo di tutte le potenzialità offerte dal mercato, la ridefinizione dell’uguaglianza come concetto irrinunciabile per la sinistra, sottolineando il ruolo essenziale della libertà e dell’individuo, accentuando l’importanza del problema della sicurezza, ma rimarcando la necessità di organizzare  la solidarietà e il sostegno ai più indigenti.

Tutte le convergenze e le divergenze, le alleanze e gli scontri che nascono tra queste sensibilità interne al mondo socialista spesso si rivolgono anche a fasce di popolazione diverse, e nel loro insieme compongono il quadro di una sinistra estremamente frammentata, che appare confusa e non solo per il gran numero di partiti esistenti, per esempio in Francia i gruppi trotzkisti sono collocati  nell’area della sinistra radicale, il partito comunista si pone a metà tra quest’ultima e la sinistra conservatrice, il Partito Socialista comprende nei suoi ranghi tutte le sue correnti sopra descritte, tra le quali quella social-liberale è però molto minoritaria, il risultato è stato il crollo del socialismo transalpino, qualche segnale della sinistra radicale e l’ascesa al potere di una nuova destra.

Diverso il discorso della Gran Bretagna, dove sta nascendo e consolidandosi in modo sempre più forte l’idea socialista.

In Italia, le formazioni politiche che si definiscono di sinistra sono spezzettate in mille rivoli, oscillano tra posizioni semi conservatrici e oltranziste, riformiste e radicali, in sintesi non esiste più una forza numericamente consistente in grado di costruire consenso con programmi certi e decisi.

Chi sceglie uno schieramento politico lo fa con la certezza della strada da seguire e con obiettivi certi, e non sulla base di astratte conclusioni o peggio ascoltando proclami demagogici su progetti irrealizzabili.

 

Domenico Maglio